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SANITÀ

Salute: dormire poco danneggia la memoria e altera la nascita dei ricordi a lungo termine

Dormire poco fa male alla memoria: un sonno disturbato e interrotto altera un segnale fondamentale nella formazione dei ricordi a lungo termine, e dunque studiare tutta la notte prima di un esame potrebbe non essere una buona strategia, come dimostra l’esperimento condotto sui ratti e pubblicato sulla rivista “Nature”.

In particolare, lo studio, guidato dalla Scuola di Medicina dell’Università del Michigan, indica che non basta una notte di sonno normale per rimediare al danno, poiché lo schema di attività cerebrale rimane alterato: ciò significa che l’interruzione del sonno potrebbe essere sfruttata per impedire a ricordi traumatici di entrare a far parte della memoria a lungo termine.

I neuroni spesso si attivano insieme secondo uno schema ritmico e ripetitivo: è il caso delle cosiddette ‘increspature delle onde acute’, uno schema di attivazione che si verifica nell’ippocampo, un’area fondamentale per la formazione della memoria e nella quale un primo grande gruppo di neuroni si attiva in sincronia, seguito da un secondo, e così via. Queste onde sono quelle che si verificano anche durante la fase Rem, quella più spesso accompagnata dai sogni e legata al consolidamento dei ricordi. Ricerche precedenti avevano evidenziato che, quando queste onde vengono disturbate, i topi mostrano difficoltà ad eseguire test di memoria, ma i ricercatori coordinati da Kamran Diba hanno analizzato in dettaglio in che modo ciò avviene.

Gli autori dello studio hanno registrato per diverse settimane l’attività dell’ippocampo in sette ratti lasciati liberi di esplorare un labirinto: alcuni sono stati regolarmente disturbati durante il sonno mentre altri hanno potuto dormire a piacimento. Con sorpresa dei ricercatori, gli animali che erano stati svegliati mostravano onde anche più frequenti e numerose degli altri, ma erano deboli e poco organizzate tra loro. Inoltre, anche dopo due notti tranquille, i ratti avevano recuperato lo schema cerebrale di base ma senza riuscire a raggiungere il livello di intensità corretto.

SANITÀ

Bollettino RespiVirNet: in Italia un milione e mezzo di persone a letto con l’influenza

Sono stati 373mila i casi di sindrome simil influenzale nell’ultima settimana, dal 4 al 10 novembre.  Dall’inizio della sorveglianza, il 14 ottobre, i casi potrebbero avere gia’ raggiunto e superato ad oggi il milione e mezzo.

Fino al 10 novembre infatti se ne erano contati  1.365.000.

Emerge dal primo bollettino epidemiologico della sorveglianza RespiVirNet, pubblicato dall’Istituto superiore di Sanità. Nella 45/ma settimana del 2024 l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è in lieve aumento rispetto alla settimana precedente ed è pari a 6,3 casi per mille assistiti (era 5,2) sovrapponibile a quella osservata nella scorsa stagione (6,4 nella 45/ma settimana del 2023). Nei bambini sotto i 5 anni di età l’incidenza è pari a 13,8 casi per mille assistiti (11,0 nella settimana precedente).

In tutte le Regioni e province autonome il livello dell’incidenza è sotto o leggermente sopra la soglia basale. La P.A. di Bolzano, la Basilicata e la Calabria non hanno ancora attivato la sorveglianza RespiVirNet. 

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SANITÀ

Allarme Cnel: in Italia pochi medici generici rispetto a quelli in servizio negli altri Paesi Ue

In Italia la dotazione di medici di medicina generale è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia.

È quanto evidenzia il Cnel nella Relazione annuale sui servizi della PA, presentata lo scorso 14 ottobre. Anche la presenza di infermieri è particolarmente bassa in Italia rispetto al contesto europeo: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania Negli ultimi 10 anni – scrive il Cnel in una sintesi – il numero di medici generici è diminuito di oltre 6 mila unità, scendendo al di sotto dei 40 mila nel 2022, dato previsto in ulteriore peggioramento nei prossimi anni per via dei pensionamenti.

Va considerato, infatti, che il 77% dei medici generici è over 54enne. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici di medicina generale con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa vigente) è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia. 

La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al quattordicesimo posto nell’Unione europea. Il dato generale indica che la dotazione di medici risulta più elevata rispetto alla Francia (318,3), ma ancora una volta più bassa rispetto a Germania (453) e Spagna (448,7). La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1). 

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SANITÀ

Studio sui giovani: se isolati si sentono in pericolo e l’uso dello smartphone non li aiuta

Gli adolescenti vanno in allarme quando stanno qualche ora da soli e l’interazione online non sembra migliorare la cosa. Lo rivela uno studio pubblicato sul Royal Society Open Science e condotto presso l’Università di Cambridge.

Nell’esperimento 40 giovani tra i 16 e i 19 anni sono stati sottoposti a test prima e dopo alcune ore di isolamento, sia con e sia senza i loro smartphone.

In molti paesi è stata dichiarata un’epidemia di solitudine, per questo i ricercatori hanno voluto ‘indurre’ la solitudine negli adolescenti per studiarne gli effetti attraverso una serie di test.

Gli scienziati hanno scoperto che periodi di isolamento, inclusi quelli in cui i partecipanti potevano usare i telefoni, portavano a una maggiore risposta di allerta come se i giovani percepissero la presenza di un pericolo. Gli autori dello studio suggeriscono che l’isolamento e la solitudine possano causare uno stato mentale di eccessiva “vigilanza”, insomma possono metterci in allerta come se vi fosse una minaccia imminente, e che questo stato non è prevenuto nemmeno in presenza di connessioni virtuali, con potenziali effetti negativi sulla salute mentale degli adolescenti nel tempo.

Secondo i ricercatori, l’isolamento sociale potrebbe contribuire all’aumento dei disturbi d’ansia tra i giovani, caratterizzati da risposte di paura persistenti e amplificate.

 Precedenti studi sugli animali avevano mostrato che l’isolamento provoca comportamenti ansiosi e risposte alla minaccia, ma si pensa che questo sia il primo studio a dimostrare effetti simili in esperimenti con esseri umani.

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