SANITÀ
Parkinson, ricavato un nuovo modello per lo studio della forma giovanile: nuove prospettive per la terapia
Nuove prospettive per la terapia della malattia di Parkinson, nello specifico il tipo giovanile.
Un nuovo modello sperimentale, messo a punto dalle ricercatrici dell’Irccs San Raffaele e dell’Università Vita-Salute San Raffaele che ne hanno raccontato lo sviluppo in un nuovo studio pubblicato sulla rivista Brain, rappresenta infatti un grande passo in avanti per i futuri test dei farmaci di contrasto alla malattia, ma anche per lo studio dei meccanismi di insorgenza pre-sintomatici.
Si stima che nel mondo le persone affette da Parkinson siano 10 milioni. In Italia sarebbero circa 250mila, 300 casi ogni 100mila abitanti. L’incidenza aumenta dopo i 60 anni, ma il 10-15% delle persone presenta i sintomi prima dei 50 anni. Il cosiddetto Parkinson giovanile è identico agli altri tipi, con i primi sintomi quali tremori a riposo, rigidità muscolare e lentezza nei movimenti, preceduti talvolta, anche diversi anni prima, da disturbi del sonno, depressione e perdita dell’olfatto. Spesso si cura con farmaci sintomatici, non in grado tuttavia di prevenire l’insorgenza della malattia o rallentarne il decorso.
Nei precedenti modelli, basati sull’eliminazione del gene Parkin coinvolto nella malattia, questa non dava alcun tipo di sintomo, degenerazione o fenotipo motorio, rendendo difficile il test delle molecole e lo studio della patogenesi. Quello elaborato dalle autrici dello studio, invece, per la prima volta mantiene attivo il gene “introducendo una piccola mutazione che riproduce fedelmente le alterazioni neuropatologiche osservate nell’uomo, offrendo così ai ricercatori di tutto il mondo un modello replicabile della malattia umana”, come spiega la prima autrice Jenny Sassone. Modello “che più di tutti si comporta analogamente a quanto accade nell’essere umano, riproducendo fedelmente i processi biologici tipici del decorso della malattia”, sottolinea Flavia Valtorta, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Vita-Salute e responsabile dell’unità di Neuropsicofarmacologia del San Raffaele.
“Rappresenta un vero punto di svolta, perché sarà possibile accelerare gli studi sulla malattia”. Essendo un modello in vivo, continua, “ci permetterà anche di studiare l’effetto di importanti terapie complementari, come l’esercizio fisico”.
SANITÀ
Bollettino RespiVirNet: in Italia un milione e mezzo di persone a letto con l’influenza
Sono stati 373mila i casi di sindrome simil influenzale nell’ultima settimana, dal 4 al 10 novembre. Dall’inizio della sorveglianza, il 14 ottobre, i casi potrebbero avere gia’ raggiunto e superato ad oggi il milione e mezzo.
Fino al 10 novembre infatti se ne erano contati 1.365.000.
Emerge dal primo bollettino epidemiologico della sorveglianza RespiVirNet, pubblicato dall’Istituto superiore di Sanità. Nella 45/ma settimana del 2024 l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è in lieve aumento rispetto alla settimana precedente ed è pari a 6,3 casi per mille assistiti (era 5,2) sovrapponibile a quella osservata nella scorsa stagione (6,4 nella 45/ma settimana del 2023). Nei bambini sotto i 5 anni di età l’incidenza è pari a 13,8 casi per mille assistiti (11,0 nella settimana precedente).
In tutte le Regioni e province autonome il livello dell’incidenza è sotto o leggermente sopra la soglia basale. La P.A. di Bolzano, la Basilicata e la Calabria non hanno ancora attivato la sorveglianza RespiVirNet.
SANITÀ
Allarme Cnel: in Italia pochi medici generici rispetto a quelli in servizio negli altri Paesi Ue
In Italia la dotazione di medici di medicina generale è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia.
È quanto evidenzia il Cnel nella Relazione annuale sui servizi della PA, presentata lo scorso 14 ottobre. Anche la presenza di infermieri è particolarmente bassa in Italia rispetto al contesto europeo: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania Negli ultimi 10 anni – scrive il Cnel in una sintesi – il numero di medici generici è diminuito di oltre 6 mila unità, scendendo al di sotto dei 40 mila nel 2022, dato previsto in ulteriore peggioramento nei prossimi anni per via dei pensionamenti.
Va considerato, infatti, che il 77% dei medici generici è over 54enne. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici di medicina generale con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa vigente) è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia.
La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al quattordicesimo posto nell’Unione europea. Il dato generale indica che la dotazione di medici risulta più elevata rispetto alla Francia (318,3), ma ancora una volta più bassa rispetto a Germania (453) e Spagna (448,7). La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1).
SANITÀ
Studio sui giovani: se isolati si sentono in pericolo e l’uso dello smartphone non li aiuta
Gli adolescenti vanno in allarme quando stanno qualche ora da soli e l’interazione online non sembra migliorare la cosa. Lo rivela uno studio pubblicato sul Royal Society Open Science e condotto presso l’Università di Cambridge.
Nell’esperimento 40 giovani tra i 16 e i 19 anni sono stati sottoposti a test prima e dopo alcune ore di isolamento, sia con e sia senza i loro smartphone.
In molti paesi è stata dichiarata un’epidemia di solitudine, per questo i ricercatori hanno voluto ‘indurre’ la solitudine negli adolescenti per studiarne gli effetti attraverso una serie di test.
Gli scienziati hanno scoperto che periodi di isolamento, inclusi quelli in cui i partecipanti potevano usare i telefoni, portavano a una maggiore risposta di allerta come se i giovani percepissero la presenza di un pericolo. Gli autori dello studio suggeriscono che l’isolamento e la solitudine possano causare uno stato mentale di eccessiva “vigilanza”, insomma possono metterci in allerta come se vi fosse una minaccia imminente, e che questo stato non è prevenuto nemmeno in presenza di connessioni virtuali, con potenziali effetti negativi sulla salute mentale degli adolescenti nel tempo.
Secondo i ricercatori, l’isolamento sociale potrebbe contribuire all’aumento dei disturbi d’ansia tra i giovani, caratterizzati da risposte di paura persistenti e amplificate.
Precedenti studi sugli animali avevano mostrato che l’isolamento provoca comportamenti ansiosi e risposte alla minaccia, ma si pensa che questo sia il primo studio a dimostrare effetti simili in esperimenti con esseri umani.
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