CRONACA
Messina, smantellato il market della droga a Santa Lucia sopra Contesse: arrestate 24 persone
Nelle prime ore della mattinata odierna, operatori della Polizia di Stato della Questura di Messina, diretta dal Questore Annino Gargano, sono stati impegnati in un’operazione di polizia che ha portato all’arresto di 24 persone, la maggior parte delle quali con precedenti penali e di polizia, alcuni specifici in materia di sostanze stupefacenti, destinatari di un’Ordinanza di applicazione di misure cautelari personali emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Messina, su conforme richiesta della DDA della Procura di Messina, per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, oltre che vendita al dettaglio di cocaina, crack e marijuana.
L’attività di P.G. odierna rappresenta l’epilogo delle più recenti indagini svolte dalla Procura della Repubblica di Messina – Direzione Distrettuale Antimafia, coordinate dal Procuratore Antonio D’Amato e condotte dalla Squadra Mobile, diretta da Vittorio La Torre, su una compagine delinquenziale dedita alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti volti al procacciamento e alla successiva cessione al minuto di sostanze stupefacenti.
Le indagini, avviate nel settembre 2021 a seguito di numerose segnalazioni di spaccio all’interno di un manufatto abusivo situato nel complesso Case arcobaleno del villaggio di Santa Lucia sopra Contesse, hanno consentito di individuare e ricostruire l’esistenza di tre distinte organizzazioni criminali, collegate tra loro per rapporti familiari o di necessità per le forniture di stupefacente, tutte collocate nel medesimo contesto territoriale, dedite al traffico di ingenti quantitativi di cocaina, crack e marijuana, destinati al mercato messinese e dell’hinterland dell’intera provincia.
Gli accertamenti di polizia giudiziaria, condotti attraverso le tradizionali tecniche investigative, in particolare appostamenti e pedinamenti, oltre che con l’utilizzo di taluni presidi tecnici, hanno consentito di documentare plurime condotte illecite degli indagati, con ripartizione di compiti e la consapevolezza di ciascuno di loro di esser membri di associazioni criminali stabili, strutturate e funzionali al commercio illecito di sostanze stupefacenti.
È stato accertato infatti che ogni appartenente al sodalizio ha ricoperto uno specifico “ruolo”; in particolare è stata riscontrata la presenza di soggetti addetti primariamente alla logistica, altri con il compito di gestione dei “proventi” derivanti dalle vendite, altri ancora preposti alla lavorazione dello stupefacente ed i pusher, chiamati anche “operai”, incaricati alle relative consegne, impiegati in osservanza di precisi turni lavorativi e regolarmente retribuiti per il lavoro svolto.
Uno dei capi promotori, al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine, ha utilizzato come base operativa per lo spaccio, un manufatto abusivo in muratura posto nelle immediate vicinanze della sua abitazione. Un piccolo locale composto da un’unica stanza di circa 15 metri quadri e un piccolo bagno annesso, con porta d’ingresso e balcone adiacente protetti da una grata metallica e da un’arella in canne di bambù, collocata in modo da non consentire la visione dall’interno.
Allo scopo evidente di prevenire gli interventi della polizia, in tale locale era stato installato un sofisticato sistema di videosorveglianza, costituito da diverse telecamere posizionate anche in luoghi non visibili, al fine di controllare a 360 gradi l’intera area prospiciente il manufatto. In particolare, all’interno di questo piccolo locale la cocaina veniva lavorata, confezionata in dosi e rivenduta sotto forma di crack.
Tale struttura, convenzionalmente denominata “Casetta” dai membri del sodalizio, è da considerarsi la principale piazza di spaccio della provincia di Messina, tanto da essere capace di produrre guadagni stimati, presumibilmente, fino a 100.000 euro a settimana.
Il considerevole giro d’affari riconducibile allo smercio di droga all’interno di quel manufatto abusivo è emerso in tutta la sua ampiezza tramite i servizi di osservazione effettuati dagli investigatori in prossimità del sito, laddove è stato documentato lo svolgimento di una “giornata tipo”, quindi la presenza dei pusher, il costante andirivieni di acquirenti (oltre 50 cessioni in mezza giornata), il prezzo della droga (acquistata a 40 euro al grammo e rivenduta a 60) e la retribuzione per il lavoro svolto dai cd. operai, lautamente stipendiati alla stregua delle cifre emerse dalle attività tecniche.
Del resto, la personalità dei malviventi, desunta dal modus operandi, cristallizzato nell’esecuzione certosina di un programma criminoso dedito al traffico di stupefacenti, si è sviluppata in un contesto delinquenziale, le case Arcobaleno del quartiere Santa Lucia sopra Contesse, in cui il fenomeno dello spaccio è considerato attività assolutamente normale e confacente ad uno stile di vita condiviso e protratto nel tempo, considerato più che mai abituale, in una situazione di illiceità cristallizzata e stabile.
Proprio indagando su tali condotte, personale della Squadra Mobile, a seguito degli accertamenti svolti ed al fine di infrenarne l’attività illecita, ha proceduto in tempi diversi all’arresto in flagranza di reato di otto soggetti per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, in quanto sorpresi in possesso, complessivamente, di oltre un kilogrammo di cocaina e due kilogrammi di marijuana, oltre che al sequestro di circa 20.000 euro in contanti, somma quest’ultima ritenuta provento dell’attività di spaccio.
Sulla scorta del quadro indiziario così raccolto, salvo diverse valutazioni giudiziarie nei successivi livelli e fermo restando il generale principio di non colpevolezza sino a sentenza passata in giudicato, il Giudice per le Indagini Preliminari, su conforme richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina, Direzione Distrettuale Antimafia, ha applicato la misura cautelare della custodia in carcere per 22 indagati e quella degli arresti domiciliari per gli altri 2 indagati.
Le azioni di rintraccio ed esecuzione delle misure cautelari sono state curate dalla Squadra Mobile di Messina, con l’ausilio di personale della S.I.S.C.O. di Messina, delle Squadre Mobili di Catania, Caltanissetta, Siracusa, Enna, Cosenza, Cuneo e Pesaro Urbino, del Reparto Prevenzione Crimine “Sicilia Orientale” e “Sicilia Occidentale”, delle unità cinofile della Questura di Palermo e dei Commissariati di P.S. della Questura di Messina, per un totale di 100 agenti della Polizia di Stato.
CRONACA
Pozzallo: eseguito un fermo di indiziato delitto nei confronti di una 59enne straniera accusata di rapina aggravata
Nel corso della serata di venerdì i militari della locale Stazione hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto nei confronti di una 59enne straniera, senza fissa dimora, poiché resasi responsabile del reato di rapina aggravata. La donna, nel corso del pomeriggio, si era recata presso un noto ristorante della città marinara per pranzare, fruendo così del relativo servizio. Dopo essersi ristorata, invece di recarsi alla cassa ed ottemperare al pagamento, si è allontanata con fare sospetto dal ristorante senza pagare. Motivo per cui, il personale del locale, accortosi dell’atteggiamento e delle intenzioni della donna, si è posto alla sua ricerca per le strade cittadine fino a raggiungerla. La straniera, invece che scusarsi e procedere al pagamento di quanto dovuto, ha ben pensato di estrarre dalla sua borsa un coltello e minacciare i presenti. Vista la situazione e senza assecondare la violenza della donna, i dipendenti del locale hanno assunto la saggia decisione di desistere dal proseguire nel loro tentativo di ottenere quanto richiesto, denunciando l’accaduto ai militari della locale Stazione.
Gli operanti si sono messi alla ricerca della donna e, grazie anche alla visione delle immagini dei vari sistemi di videosorveglianza, non hanno avuto dubbi in merito alle sue responsabilità. Infatti, notiziata la Procura della Repubblica di Ragusa, si è proceduto nell’immediatezza al fermo di indiziato di delitto, visti i gravi indizi di colpevolezza ed il fondato pericolo di fuga della donna, considerata anche la mancanza di una fissa dimora da parte della stessa. A seguito delle tradizionali formalità di rito, l’interessata è stata condotta presso la Casa Circondariale di Catania, misura resasi necessaria per limitare la sua indole, nettamente contraria al rispetto delle basilari norme sociali, e vista la sussistenza di un quadro indiziario grave in ordine al reato commesso. Anche in questo caso la sfrontatezza della protagonista della vicenda è stata contenuta grazie al tempestivo intervento dei militari, che hanno assecondato la giusta decisione delle vittime di questa rapina, ossia quella di rivolgersi alle forze dell’ordine.
CRONACA
Palermo, picchiata e segregata in casa: arrestato 30enne di origini tunisine già noto alle Forze dell’Ordine
Il Giudice per le Indagini Preliminari di Palermo ha disposto il decreto di giudizio immediato a carico di un 30enne, originario della Tunisia, già noto alle forze dell’ordine, in quanto tratto in arresto in seguito ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. su richiesta della Procura della Repubblica, per i reati di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale.
Le indagini sono state svolte dai Carabinieri della Compagnia Piazza Verdi, che hanno materialmente eseguito la misura cautelare.
A far luce sulla vicenda sono stati i militari della Stazione di Palermo – Oreto che hanno condotto l’indagine scaturita dalla denuncia, nel dicembre 2023, di una 29enne connazionale dell’indagato, che un pomeriggio, nei pressi di via Maqueda, durante una furiosa lite con quest’ultimo, era riuscita ad attirare l’attenzione di alcuni passanti urlando aiuto e ricevendo immediatamente soccorso dai Carabinieri.
Quel momento si è rivelato decisivo per la sorte della donna e per l’avvio della delicata attività investigativa degli uomini dell’Arma che, sotto l’attenta direzione della Procura della repubblica e attraverso il drammatico racconto della malcapitata, legata sentimentalmente al 30enne ed arrivata clandestinamente in Italia, incoraggiata dalla promessa di una vita migliore e dalle rassicurazioni dell’ex compagno, ha invece delineato ai militari i contorni oscuri di una vera propria “prigionia”.
La ragazza infatti sarebbe stata segregata in casa dall’uomo, suo presunto carceriere e, costretta a tagliarsi fuori dal mondo, senza alcuna di libertà di uscire di casa né tantomeno di avere contatti con altre persone, privata persino del suo cellulare.
Una prigionia che sarebbe stata segnata anche da violenze fisiche e psicologiche, da ripetuti abusi e minacce di morte, patite dalla donna tenuta in pugno dal suo aguzzino che, per farla tacere, l’avrebbe minacciata di rimpatriarla.
Ogni tentativo di fuga della vittima durante i due mesi di permanenza in Italia sarebbe stato vano, in quanto puntualmente ritrovata e riportata in casa dall’indagato, sino a quel giorno di dicembre dello scorso anno.
La scrupolosa attività tecnica dei Carabinieri, grazie anche all’ispezione dei luoghi indicati dalla denunciante, effettuata dal personale della Sezione Investigazioni Scientifiche del Comando Provinciale di Palermo, ha consentito di delineare un grave quadro indiziario, sostanzialmente accolto nel provvedimento cautelare, dal quale emergerebbe l’atteggiamento ossessivo dell’uomo che, nonostante l’ex compagna fosse stata collocata in struttura protetta, avrebbe tentato di contattarla in varie occasioni, avvicinandola con la promessa di una relazione più felice qualora avesse rimesso la querela nei suoi confronti. Il rifiuto della vittima di assecondare le richieste dell’uomo avrebbe tuttavia scatenato l’ennesima reazione di ira ed aggressione fisica dell’indagato nei confronti della giovane donna.
L’uomo si trova attualmente ristretto presso la casa circondariale Lo Russo – Pagliarelli di Palermo.
CRONACA
Catania, scoperto deposito abusivo di fuochi d’artificio in un garage: denunciate due persone
Un deposito abusivo con oltre 2500 kg di fuochi d’artificio è stato scoperto dalla Polizia di Stato nel corso di una mirata azione di controllo predisposta dal Questore di Catania per contrastare il fenomeno del commercio illegale di materiale esplodente.
In vista dell’approssimarsi delle festività natalizie, la Polizia di Stato sta rafforzando e intensificando i servizi di controllo in tutto il territorio catanese per assicurare il rispetto delle norme, la sicurezza e l’incolumità pubblica dal momento che, spesso, l’utilizzo improprio di fuochi artificiali può provocare gravi conseguenze per i cittadini.
Il blitz della Squadra amministrazione della Divisione PAS della Questura ha permesso di scoprire un deposito non autorizzato di fuochi d’artificio, realizzato all’interno di un garage di un condominio residenziale ubicato nei pressi di piazza Risorgimento.
Grazie ad un’attenta e complessa attività info-investigativa, espletata anche attraverso appostamenti, i poliziotti hanno trovato il materiale esplodente suddiviso in diversi scatoloni accatastati, peraltro, in modo altamente pericoloso in totale violazione delle disposizioni normative vigenti, tanto da rappresentare un elevato rischio per l’incolumità pubblica.
Complessivamente, l’operazione della Polizia di Stato ha consentito di sequestrare ben 2,5 tonnellate di materiale che, dopo gli opportuni controlli, è stato posto sotto sequestro e affidato ad una ditta specializzata per il trattamento di questo genere di prodotti.
Nello stesso tempo, gli accertamenti eseguiti nell’immediatezza dagli agenti della Divisione PAS hanno permesso di individuare due uomini, di 52 e 66 anni, entrambi catanesi, che avevano la disponibilità materiale del garage-deposito, i quali, pertanto, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per detenzione illegale di materiale esplodente.
Inoltre, sono in corso ulteriori controlli per verificare la provenienza del materiale sequestrato ed individuare eventuali ulteriori profili di responsabilità.
Tale attività si colloca nel solco dell’impegno costante della Questura di Catania nel contrastare i fenomeni legati al commercio ed alla detenzione illegale di materiali esplodenti, cui si affiancano attività di prevenzione e di prossimità svolte all’interno degli Istituti scolastici al fine di sensibilizzare i più giovani al rispetto delle regole a tutela dell’incolumità propria e degli altri.
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