CRONACA
Strage familiare ad Altavilla Milicia, la confessione della figlia: “Così abbiamo ucciso la mamma e i miei fratelli..”
Dopo giorni di silenzio, rinchiusa in una comunità, ieri la figli di Giovanni Barreca, ha deciso di fornire spontanee dichiarazioni in cui ha ammesso il suo coinvolgimento negli omicidi della madre e dei due fratelli, Kevin di 16 anni ed Emanuel di 5.
Un “racconto agghiacciante”, così lo ha definito il procuratore di Palermo, quello della 17enne che ha raccontato di torture e sofferenze inflitte, prima alla madre, e poi ai fratelli. Una “agonia lenta fino alla morte“, per scacciare via il demonio dal corpo di Antonella ed Emanuel e a cui avrebbe partecipato anche Kevin.
Alla procuratrice ha riferito delle modalità con cui insieme al padre, Giovanni Barreca, hanno ucciso la madre e successivamente datole fuoco, per poi seppellirne i resti nel terreno della casa in cui abitavano ad Altavilla Milicia.
Non si pente di quello che ha fatto, la giovane, tanto da aver ripetuto più volte alle Autorità: “Credo in Dio e nel demonio, rifarei tutto per liberare la mia famiglia”.
Per scacciare via il demonio dalla madre, avrebbero iniziato un rito, con urla, calci e pugni. Poi la donna, sarebbe stata presa a colpi di padella e ustionata con il phon caldo e gli attrezzi infuocati del camino.
Il procuratore di Termini Imerese Ambrogio Cartosio ha parlato di “godimento per le sofferenze“ e di “divertimento nel fare soffrire l’essere umano“.
Dopo la madre, Antonella Salamone, è stato il turno di Emanuel, il fratellino di 5 anni che è sttao prima torturato, poi soffocato e infine incaprettato. Anche a questo omicidio avrebbe partecipato Kevin, la cui morte è toccata per ultimo.
La ragazza, arrestata ieri, è accusata di omicidio pluriaggravato in concorso e occultamento di cadavere.
CRONACA
Caltanissetta, anziano trovato morto in casa: proseguono le indagini. Domani l’autopsia
Una ferita alla nuca di Ignazio Polizzi, l’uomo di 77 anni trovato morto ieri nella sua abitazione in via Lunetta a Caltanissetta, non convince gli investigatori che stanno tentando di fare luce su un decesso dai contorni poco chiari.
Così come non convincono le dichiarazioni del fratello, poco più giovane di lui che al momento dell’accaduto si trovava in casa e avrebbe fornito risposte contrastanti.
Un contesto umile quello in cui vivevano i due fratelli che condividevano l’appartamento con un’altra sorella, allettata e in stato di coma vegetativo, e una zia molto anziana. La vittima viene descritta dai vicini come una persona molto gentile che aiutava anche una famiglia di immigrati quando aveva problemi con le riserve idriche o in caso di altre necessità quotidiane. Il fratello invece, sempre secondo quanto raccontato dai vicini, si limitava solo a salutare. Intanto la Squadra Mobile di Caltanissetta sta continuando ad interrogare familiari e vicini di casa. Tutti si starebbero mostrando abbastanza collaborativi. La salma di Ignazio Polizzi si trova all’obitorio dell’ospedale Sant’Elia e nelle prossime ore sarà eseguita l’autopsia.
CRONACA
Siracusa: ritrovato in una cella un pacco contenente droga e 22 cellulari. Il Sippe lancia l’allarme
Ben 22 telefoni cellulari, quasi un chilo di hashish e 2,5 grammi di cocaina, erano stati nascosti in un pacco postale destinato a un detenuto rinchiuso nel carcere di contrada Cavadonna a Siracusa.
Lo rende noto il Sippe, sindacato di polizia penitenziaria.
Gli agenti dopo la scoperta hanno effettuato una perquisizione nelle celle trovando altri 14 telefonini. “Chiediamo immediati interventi – dice il dirigente nazionale del Sippe, Nello Bongiovanni – perché la carenza del personale è diventata oramai cronica e pericolosa per la sicurezza degli istituti penitenziari. Il Sippe da tempo chiede provvedimenti seri ed una riforma totale della polizia penitenziaria”.
CRONACA
Reggio Calabria, uccise il ladro entrato in casa: disposto il giudizio immediato per omicidio volontario
Inizierà il 27 dicembre, davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria, il processo per Francesco Putortì, il macellaio di 48 anni accusato di aver ucciso Alfio Stancampiano, di 30 anni originario di Catania, che il 28 maggio era entrato all’interno della sua abitazione in contrada Oliveto di Rosario Valanidi, e di avere ferito Giovanni Bruno, di 46 anni anche lui catanese.
Come richiesto dal pubblico ministero che ha coordinato le indagini, Nunzio De Salvo, nei confronti di Putortì, difeso dagli avvocati Giulia Dieni e Natale Polimeni, è stato disposto il giudizio immediato.
Dopo un periodo di detenzione in carcere, l’imputato è adesso sottoposto agli arresti domiciliari ed è accusato di omicidio volontario e tentato omicidio.
Stando alle indagini della squadra mobile, Stancampiano e Bruno avrebbero tentato un furto nell’abitazione di Putortì, il quale, rientrando a casa, li ha sorpresi al piano superiore dello stabile.
A quel punto, il macellaio, secondo il suo racconto, ha preso un coltello e durante una colluttazione ha colpito i due ladri che poi sono fuggiti facendo cadere le pistole che avevano appena rubato e che erano legalmente detenute da Putortì. Una ricostruzione che non ha convinto gli inquirenti, secondo i quali, invece, l’uomo avrebbe accoltellato i due alle spalle mentre scappavano.
Il primo accoltellato, Alfio Stancampiano, è stato abbandonato dai complici nei giardini dell’ospedale reggino “Morelli”, dove poi è morto, mentre il secondo, Giovanni Bruno, dopo aver traghettato per la Sicilia, è stato costretto perché ferito a recarsi all’ospedale di Messina. Non è escluso che quest’ultimo e i familiari del deceduto decidano di costituirsi parte civile nel processo a carico del macellaio reggino.
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