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SANITÀ

Riforma nella Sanità: dal 2025 tutte le ricette mediche dovranno essere in formato elettronico

Addio alle ricette cartacee: la legge di bilancio prevede che dal 2025 tutte le ricette mediche debbano essere in formato elettronico, ma per medici e farmacisti bisogna fare i conti con la realtà dei frequenti malfunzionamenti tecnici e vanno trovate soluzioni per garantire comunque il servizio ai pazienti.

La dematerializzazione delle prescrizione di farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale è prevista dall’articolo 54 della legge di bilancio, secondo la quale “tutte le prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale, dei servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’aviazione civile (Sasn) e dei cittadini sono effettuate nel formato elettronico”.

L’obiettivo è “potenziare il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva nonché garantire la completa alimentazione del fascicolo sanitario elettronico” e dovranno essere le regioni ad assicurare l’attuazione della norma.

“Gli strumenti elettronici devono rappresentare un ausilio per il medico e per la qualità dell’assistenza in quanto migliorano la modalità della trasmissione delle ricette alla farmacia. Il problema è se siamo pronti per farlo e se le reti di supporto tengono”, rileva il presidente della Federazione dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri (Fnomceo) Filippo Anelli. “Dovremmo evitare che si appesantisca il lavoro dei sanitari potenziando la struttura elettronica”, prosegue riferendosi all’uso più massiccio che si farà della rete quando, come prevede la legge di bilancio, tutte le ricette dovranno essere dematerializzate.

Si pone anche il tema della domiciliarità – aggiunge Anelli- perché ci sono luoghi del Paese nei quali le linee elettroniche non sono stabili o non sono presenti affatto”.

Analoga la posizione della Federazione nazionale dei titolari di farmacia italiani (Federfarma), che aveva segnalato il problema già a fine ottobre e poi all’inizio di novembre in occasione di ripetuti problemi tecnici sulla rete. “Federfarma ha sempre collaborato con il processo di dematerializzazione fin dalla fase sperimentale”, dice il vicepresidente della federazione Gianni Petrosillo, che presiede la sezione Farmacie rurali di Federfarma.

“Oggi sono prescritti su ricette dematerializzate il 98% dei farmaci, ma il sistema funziona con criticità”, aggiunge riferendosi sia alla rete principale lungo la quale viaggiano le ricette dematerializzate, ossia il Sistema di Accoglienza Centrale (Sac), sia alle reti locali, i Sistemi di Accoglienza Regionali (Sar). “Il codice della ricetta e la tessera sanitaria sono delle chiavi con cui la farmacia può accedere alla prescrizione” e in caso di problemi al Sac o al Sar “non è possibile risalire al tipo di farmaco da erogare”, osserva il vicepresidente di Federfarma. “Se ci fosse una sorta di promemoria con il nome del farmaco, sarebbe possibile erogarlo in via provvisoria e poi, con il ripristino della connessione, andare a chiudere ricetta”, osserva. E’ un aspetto che Federfarma ha già segnalato al ministero dela Salute. “E’ un problema che va affrontato perché – conclude – si tratta di rispettare il diritto del cittadino ad avere il farmaco”.

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SANITÀ

Bollettino RespiVirNet: in Italia un milione e mezzo di persone a letto con l’influenza

Sono stati 373mila i casi di sindrome simil influenzale nell’ultima settimana, dal 4 al 10 novembre.  Dall’inizio della sorveglianza, il 14 ottobre, i casi potrebbero avere gia’ raggiunto e superato ad oggi il milione e mezzo.

Fino al 10 novembre infatti se ne erano contati  1.365.000.

Emerge dal primo bollettino epidemiologico della sorveglianza RespiVirNet, pubblicato dall’Istituto superiore di Sanità. Nella 45/ma settimana del 2024 l’incidenza delle sindromi simil-influenzali è in lieve aumento rispetto alla settimana precedente ed è pari a 6,3 casi per mille assistiti (era 5,2) sovrapponibile a quella osservata nella scorsa stagione (6,4 nella 45/ma settimana del 2023). Nei bambini sotto i 5 anni di età l’incidenza è pari a 13,8 casi per mille assistiti (11,0 nella settimana precedente).

In tutte le Regioni e province autonome il livello dell’incidenza è sotto o leggermente sopra la soglia basale. La P.A. di Bolzano, la Basilicata e la Calabria non hanno ancora attivato la sorveglianza RespiVirNet. 

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SANITÀ

Allarme Cnel: in Italia pochi medici generici rispetto a quelli in servizio negli altri Paesi Ue

In Italia la dotazione di medici di medicina generale è di 68,1 per 100.000 abitanti, rispetto al 72,8 della Germania, il 94,4 della Spagna e il 96,6 della Francia.

È quanto evidenzia il Cnel nella Relazione annuale sui servizi della PA, presentata lo scorso 14 ottobre. Anche la presenza di infermieri è particolarmente bassa in Italia rispetto al contesto europeo: 621,3 ogni 100.000 abitanti, a fronte di 633,9 in Spagna, 858,1 in Francia e 1.203,2 in Germania Negli ultimi 10 anni – scrive il Cnel in una sintesi – il numero di medici generici è diminuito di oltre 6 mila unità, scendendo al di sotto dei 40 mila nel 2022, dato previsto in ulteriore peggioramento nei prossimi anni per via dei pensionamenti.

Va considerato, infatti, che il 77% dei medici generici è over 54enne. La loro carenza riguarda soprattutto il Nord, con 59,9 per 100.000 abitanti, a fronte di 63,9 al Centro e 72 nel Mezzogiorno. Il numero di assistiti è quindi fortemente aumentato: da 1.156 nel 2012 a 1.301 nel 2022. La percentuale di medici di medicina generale con più di 1.500 assistiti (limite superiore fissato dalla normativa vigente) è passato dal 27,3% al 47,7%, con una forbice amplissima, tra il 71% della Lombardia e il 22,4% della Sicilia. 

La relazione considera anche l’insieme del personale medico (generico e specialistico): in questo caso si arriva in Italia a 423,4 ogni 100.000 abitanti, collocando il nostro Paese al quattordicesimo posto nell’Unione europea. Il dato generale indica che la dotazione di medici risulta più elevata rispetto alla Francia (318,3), ma ancora una volta più bassa rispetto a Germania (453) e Spagna (448,7). La presenza risulta maggiore al Centro (477,5) e più bassa nel Nord-Ovest (398,1). 

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SANITÀ

Studio sui giovani: se isolati si sentono in pericolo e l’uso dello smartphone non li aiuta

Gli adolescenti vanno in allarme quando stanno qualche ora da soli e l’interazione online non sembra migliorare la cosa. Lo rivela uno studio pubblicato sul Royal Society Open Science e condotto presso l’Università di Cambridge.

Nell’esperimento 40 giovani tra i 16 e i 19 anni sono stati sottoposti a test prima e dopo alcune ore di isolamento, sia con e sia senza i loro smartphone.

In molti paesi è stata dichiarata un’epidemia di solitudine, per questo i ricercatori hanno voluto ‘indurre’ la solitudine negli adolescenti per studiarne gli effetti attraverso una serie di test.

Gli scienziati hanno scoperto che periodi di isolamento, inclusi quelli in cui i partecipanti potevano usare i telefoni, portavano a una maggiore risposta di allerta come se i giovani percepissero la presenza di un pericolo. Gli autori dello studio suggeriscono che l’isolamento e la solitudine possano causare uno stato mentale di eccessiva “vigilanza”, insomma possono metterci in allerta come se vi fosse una minaccia imminente, e che questo stato non è prevenuto nemmeno in presenza di connessioni virtuali, con potenziali effetti negativi sulla salute mentale degli adolescenti nel tempo.

Secondo i ricercatori, l’isolamento sociale potrebbe contribuire all’aumento dei disturbi d’ansia tra i giovani, caratterizzati da risposte di paura persistenti e amplificate.

 Precedenti studi sugli animali avevano mostrato che l’isolamento provoca comportamenti ansiosi e risposte alla minaccia, ma si pensa che questo sia il primo studio a dimostrare effetti simili in esperimenti con esseri umani.

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